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PERCHE' NO ALLA VIVISEZIONE 
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Con il termine "vivisezione" (o "sperimentazione animale") si intendono tutte le forme di sperimentazione su animali, non solo quelle che implicano il sezionare animali vivi.

In Italia, ogni anno un milione di animali vengono torturati nei laboratori, per i pił svariati test.

Test e ricerche che NON servono a salvare vite umane, come i vivisettori vogliono farci credere. Ogni specie animale è infatti biologicamente, fisiologicamente, geneticamente, anatomicamente molto diversa dalle altre e le estrapolazioni dei dati tra una specie e l'altra sono impossibili.

La sperimentazione su animali non soltanto è inattendibile, ma anche pericolosa, perché fuorviante. Sapere che una sostanza è risultata innocua su una specie animale, non ci assicura che lo sia per l'uomo (a volte lo è, a volte no, ma i risultati, a volte disastrosi, si sanno solo a posteriori).

Viceversa, una sostanza nociva per una specie animale (per esempio la penicillina, letale per le cavie), può essere un farmaco efficace per l'uomo.

 

Perché si pratica?

Tra le altre cose, per offrire una comoda difesa alle compagnie chimico-farmaceutiche. La legge stessa impone che prima di commercializzare un farmaco, e prima dei test (obbligatori) sugli esseri umani, si compiano test sugli animali. In questo modo risulta che, in pratica, le grandi società possano sempre difendersi (in caso di danni alla salute causati dai loro prodotti) sostenendo di aver eseguito, come prescritto, i dovuti esperimenti sugli animali. Inoltre, scegliendo opportunamente la specie animale, si potrà dimostrare un risultato o il suo contrario, a seconda di quanto fa comodo al committente.

Quindi, la sperimentazione su animali non si fa per motivi SCIENTIFICI, ma per motivi ECONOMICI. Sulla pelle degli animali e dei consumatori. Gli sperimentatori stessi non credono nella validità dei loro test, e se li eseguono significa che per loro è più conveniente così, come dimostrano numerose testimonianze, tra cui:

"Nel processo per la talidomide numerosi medici e eminenti fisiologi affermarono, sotto giuramento, l'assoluta inutilitą della sperimentazione negli animali."
(dr. E. B. Chain, premio Nobel per la Medicina)

La casa farmaceutica Lilly ha sviluppato una terapia per l'osteoporosi dovuta alla menopausa, chiamata Forteo. Per due anni il farmaco fu iniettato nei ratti. Metà dei ratti maschi e un terzo delle femmine svilupparono osteosarcomi (cancro alle ossa) e morirono. La Lilly affermò che i risultati non potevano essere applicati alle persone perché le ossa dei ratti si sviluppano in maniera diversa.
(The Campaigner, Notiziario NAVS, dicembre 2001)

Viceversa, se si vuole commercializzare un farmaco che sugli animali ha avuto effetti nocivi, si può fare, la legge non lo vieta: la legge prescrive i test su animali, ma non obbliga a scartare quelle sostanze che per una o più specie animali sono nocive. Ad esempio:

"Le prove su animali sono praticamente inutili dal punto di vista scientifico, ma utili nell'offrire un certo grado di difesa dalle affermazioni del pubblico riguardo al fatto che non vengono effettuati test adeguati per i farmaci. In altri termini, si sta facendo 'qualcosa', sebbene non sia la cosa giusta".
(Dr. P. Lewis, Drugs and Pregnancy - Churchill Livingstone.)

Anche la Wellcome, quando mise in commercio sostanze che avevano prodotto cancro vaginale a tutti gli animali usati nella sperimentazione, si giustificò dicendo: "Questi test, obbligatori per ottenere le autorizzazioni alla vendita del prodotto, non permettono di stabilire il minimo parallelo con l'uomo".
AAVV (1989) Le Provencal, 18/12/89

Si possono trovare altri esempi di questo genere di dichiarazioni nella pagina delle contraddizioni dei vivisettori.

 

 

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